“Definizioni, Limitazioni e Protezioni"

Normativa

Capire bene cosa si intende per lavoro notturno e chi sono i lavoratori notturni è fondamentale per chi gestisce il personale.

Secondo l'art. 2108 del Codice civile, il lavoro notturno non inserito in turni regolari deve essere pagato di più rispetto al lavoro diurno. Inoltre, il D.Lgs. n. 66/2003 stabilisce che i lavoratori notturni devono ricevere una protezione specifica, sia preventiva che periodica.

Il Ministero del Lavoro, con gli interpelli del 16 novembre 2007, n. 33 e del 4 febbraio 2009, n. 1, ha chiarito che le norme del D.Lgs. n. 66/2003 sulla tutela del lavoro notturno non si applicano al personale navigante aereo.

Personale navgante

Per questi lavoratori, non valgono le restrizioni dell'art. 53 del D.Lgs. n. 151/2001 né quelle dell'art. 11 del D.Lgs. n. 66/2003. Per loro si deve fare riferimento solo al D.Lgs. n. 185/2005, che può essere ulteriormente specificato dai contratti collettivi.

È importante anche rispettare altre leggi che vietano il lavoro notturno a certe categorie di lavoratori o che ne regolano lo svolgimento in modo specifico.

L'art. 1, comma 2, lett. e) definisce il lavoratore notturno come chi lavora almeno 3 ore durante la notte nel suo orario giornaliero normale, oppure chi lavora di notte secondo quanto previsto dai contratti collettivi.

Se non ci sono indicazioni nei contratti collettivi, è considerato lavoratore notturno chi lavora di notte almeno 80 giorni all'anno, con un adattamento proporzionale per i part-time (Ministero del Lavoro, circ. n. 13/2000; Nota n. 9009/2008; INL, Nota n. 1050/2020).

Secondo la circolare n. 8/2005, il secondo criterio per definire un lavoratore notturno non si sovrappone al primo.

Questo perché considera il lavoro svolto solo parzialmente durante la notte, indipendentemente dal fatto che tale attività rientri nell'orario normale di lavoro.

Questo criterio si basa su una media di ore lavorate pari a 1/3 (8/24) e, in assenza di una normativa esplicita, può essere applicato su base settimanale. Infatti, la settimana lavorativa è spesso usata come parametro per calcolare la durata del lavoro.

In mancanza di una definizione normativa o contrattuale, la Nota dell'INL n. 1438/2019 indica che la settimana lavorativa può essere considerata di 6 giorni. Se il lavoro è organizzato su 5 giorni, il sesto giorno viene considerato come un giorno lavorativo a zero ore.

Il Ministero del Lavoro ha chiarito ulteriormente questa questione nella risposta all'Interpello n. 388 del 12 aprile 2005, affermando che questi requisiti devono essere considerati alternativi.

Ciò significa che basta soddisfare uno dei due requisiti per applicare la disciplina speciale dei lavoratori notturni.

Pertanto, è considerato lavoratore notturno sia chi lavora ordinariamente almeno 3 ore di notte, sia chi svolge una parte, anche minima, del suo orario di lavoro durante la notte.

Secondo le disposizioni dei contratti collettivi, e in assenza di specifiche indicazioni contrattuali, è considerato lavoratore notturno chi svolge attività di lavoro notturno per almeno 80 giorni lavorativi nell’anno.

L’art. 41 del D.L. n. 112/2008 chiarisce meglio questa definizione in mancanza di una disciplina collettiva, specificando che è considerato lavoratore notturno chi lavora almeno 3 ore di notte per un minimo di 80 giorni lavorativi all’anno (art. 1, comma 2, lett. e), n. 2, del D.Lgs. n. 66/2003, come modificato dall’art. 41, comma 1 del D.Lgs. n. 112/2008).

In passato, bastava lavorare anche meno di un’ora di notte per almeno 80 giorni lavorativi nell’anno per essere considerato lavoratore notturno.

Questo significa che, utilizzando uno o l’altro criterio, il datore di lavoro può identificare i lavoratori che devono beneficiare delle tutele previste dagli articoli 11 e seguenti del D.Lgs. n. 66/2003, come modificati dal D.Lgs. n. 213/2004 (visite preventive e periodiche, possibilità di rifiutare il lavoro notturno, limiti di orario).

In sintesi, le definizioni di “lavoratore notturno” contenute nel D.Lgs. n. 66/2003, in linea con la Direttiva comunitaria (art. 2, n. 4, Direttiva n. 93/104/CE – Direttiva n. 2003/88/CE), non sono concorrenti, ma complementari.

Da qui, emerge una corretta individuazione di due tipologie di lavoratori notturni:

- Lavoratori notturni orizzontali: quelli che lavorano abitualmente e continuativamente almeno 3 ore di notte, come il personale delle imprese di vigilanza.

- Lavoratori notturni verticali: quelli che lavorano di notte solo in determinati periodi dell’anno, salvo diverse previsioni contrattuali, come i turnisti delle imprese a ciclo continuo.

Limitazioni al lavoro notturno

Limiti al lavoro notturno

Il lavoro notturno è obbligatorio per i lavoratori idonei, salvo i casi in cui è vietato o si è esclusi dall'obbligo. Ad esempio, è proibito far lavorare di notte, dalle 24 alle 6 del mattino, le donne in gravidanza dal momento in cui viene accertato lo stato di gravidanza fino a un anno dopo la nascita del bambino, o comunque dal momento in cui il datore di lavoro viene a conoscenza della gravidanza.

Alcuni lavoratori hanno il diritto di rifiutare il lavoro notturno comunicandolo per iscritto al datore di lavoro almeno 24 ore prima dell'inizio del turno previsto. Il datore di lavoro può comunque accettare una comunicazione di rifiuto anche se ricevuta con un preavviso inferiore.

I contratti collettivi stabiliscono i requisiti dei lavoratori che possono esercitare questa facoltà. Dopo la modifica introdotta dal D.Lgs. n. 80/2015, hanno il diritto di rifiutare il lavoro notturno:

- Le lavoratrici madri di un bambino sotto i 3 anni, o, se la madre non esercita questa facoltà, il padre convivente e anche lui lavoratore subordinato.

- L'unico genitore affidatario convivente con un minore di età inferiore a 12 anni.

- I genitori adottivi o affidatari nei primi 3 anni dall'ingresso del minore in famiglia, purché non abbia superato i 12 anni di età.

- Coloro che hanno a carico una persona disabile, secondo la legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.

Introduzione del lavoro notturno

Prima di introdurre il lavoro notturno in azienda, è necessario consultare le Rappresentanze Sindacali, se presenti, che aderiscono alle organizzazioni firmatarie del contratto collettivo applicato.

Sindacati e lavoro notturno

In assenza di queste, la consultazione deve essere effettuata con le organizzazioni sindacali dei lavoratori attraverso l'associazione a cui l'azienda aderisce o conferisce mandato.

Questa consultazione deve avvenire e concludersi entro 7 giorni.

Secondo l'art. 13 del D.Lgs. n. 66/2003, l'orario di lavoro per tutti i lavoratori notturni non può superare le 8 ore, in media, nell'arco di 24 ore, calcolate dal momento di inizio della prestazione lavorativa.

Secondo l'interpretazione ministeriale (circ. n. 8/2005), questo limite è una media tra ore lavorate e non lavorate pari a 1/3 e, in assenza di una specifica normativa, può essere applicato su un periodo di riferimento settimanale (INL, Nota n. 1438 del 14 febbraio 2019).

La Nota n. 17879 del 30 agosto 2010 del Ministero chiarisce che, per i lavoratori part-time che lavorano su 3 giorni settimanali, il calcolo delle ore medie di lavoro notturno consentite deve tenere conto delle ore effettivamente lavorate e non dell'orario previsto dai contratti collettivi.

Tutela del lavoratore notturno

Tutela lavoratore notturno

Una specifica forma di tutela per i lavoratori notturni è prevista dall’art. 14, comma 1, del D.Lgs. n. 66/2003 (modificato dall’art. 1, comma 1, lett. e), del D.Lgs. n. 213/2004).

Questa norma stabilisce che il datore di lavoro deve, a sue spese, sottoporre i lavoratori notturni a controlli medici preventivi e periodici almeno ogni 2 anni.

Questi controlli devono essere effettuati tramite le competenti strutture sanitarie pubbliche o il medico competente, per verificare l’idoneità al lavoro notturno.

La circolare n. 8/2005 del Ministero del Lavoro precisa che la responsabilità del datore di lavoro è legata alla verifica dell’effettiva omissione dei controlli medici preventivi e/o biennali.

Per quanto riguarda i controlli periodici, ai fini delle sanzioni, non si deve tener conto di eventuali previsioni di maggior tutela da parte dei contratti collettivi. Questi contratti possono prevedere una sorveglianza sanitaria più frequente per i lavoratori notturni, ma la violazione di un periodo inferiore al biennio legale non comporta sanzioni, in quanto il principio di legalità nel settore penale richiede tassatività e determinatezza.

Pertanto, la punibilità è connessa solo al mancato rispetto del limite biennale.

Lavoro notturno “usurante”

Lavoro notturno usurante

Per quanto riguarda l’accesso anticipato alla pensione per i lavori particolarmente faticosi e pesanti, detti anche "lavori usuranti", è stato emanato il D.Lgs. 21 aprile 2011, n. 67, in attuazione della delega contenuta nell’art. 1 della legge n. 183/2010 (INPS, circ. n. 90/2017).

La normativa include tra i lavori usuranti, oltre ad altre attività, il lavoro in gallerie, cave e miniere, in cassoni ad aria compressa, eseguiti ad alte temperature, in ambienti confinati, alle catene di montaggio, di rimozione dell’amianto, la guida di veicoli con almeno nove posti e il lavoro notturno.

Secondo l’art. 5, comma 1, del D.Lgs. n. 67/2011, il datore di lavoro deve comunicare annualmente, esclusivamente per via telematica tramite il modello LAV-US disponibile sul sito del Ministero del Lavoro, l’esecuzione di lavoro notturno svolto in modo continuativo o compreso in regolari turni periodici.

Questa comunicazione deve essere fatta all’Ispettorato Territoriale del Lavoro e agli Istituti previdenziali competenti.

Le categorie di lavoratori notturni che rientrano in questa normativa sono:

- Lavoratori il cui orario di lavoro è a turni, ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. g), del D.Lgs. n. 66/2003, che lavorano di notte (almeno sette ore consecutive comprendenti l’intervallo tra mezzanotte e le cinque del mattino) per almeno 6 ore per un minimo di 78 giorni lavorativi all’anno per coloro che maturano i requisiti tra il 1° luglio 2008 e il 30 giugno 2009, e per almeno 64 giorni per chi matura i requisiti dal 1° luglio 2009.

- Lavoratori che lavorano almeno 3 ore tra mezzanotte e le cinque del mattino per periodi pari all’intero anno lavorativo.

La comunicazione deve essere effettuata entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento (art. 6, D.M. 20 settembre 2011; Ministero del Lavoro, Nota n. 4724/2011).

Se il datore di lavoro non è in grado di conoscere le effettive giornate di lavoro notturno per assunzione o cessazione del rapporto di lavoro durante l’anno o per contratti di lavoro part-time verticale, devono essere comunicate tutte le giornate di lavoro notturno svolte (Ministero del Lavoro, Nota n. 9630/2012).

Sanzione per lavoro notturno

La mancata comunicazione è punita con una sanzione amministrativa da 500,00 euro a 1.500,00 euro, secondo quanto previsto dall’art. 13, comma 2 e seguenti, del D.Lgs. n. 124/2004 (art. 5, comma 3, D.Lgs. n. 67/2011; Ministero del Lavoro, circ. n. 15/2011).

Dal 1° gennaio 2018, in base all’art. 1, comma 170, legge n. 205/2017, per i lavoratori impegnati in cicli produttivi su turni di 12 ore, i giorni lavorativi sono moltiplicati per 1,5 ai fini del conseguimento dei requisiti per la pensione anticipata, come previsto dall’art. 1, commi 6 e 6-bis, del D.Lgs. n. 67/2011, se gli accordi collettivi erano già sottoscritti al 31 dicembre 2016.

I lavoratori che raggiungono i requisiti per la pensione anticipata devono presentare telematicamente all’INPS la domanda per il riconoscimento dello svolgimento di attività particolarmente faticosa e pesante (INPS, Messaggio n. 59/2018).

CdL Roberto Rossi

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