Assenze varie
Permessi studio, soggetti disabili, assistenza a familiari e parenti, altre..

Le ragioni che stanno dietro l'assenza di un lavoratore dal posto di lavoro possono essere molteplici e spesso complesse da catalogare. Un'importante categoria di assenze, che non rientra propriamente nella definizione tradizionale di "assenza", comprende i periodi di sosta dovuti a cause impreviste e indipendenti dalla volontĂ di entrambe le parti (lavoratore e datore di lavoro).
Queste interruzioni possono verificarsi per motivi di forza maggiore o altri eventi esterni non gestibili.
Per affrontare queste situazioni, è fondamentale che la regolamentazione sia affidata ai contratti collettivi, che spesso delineano modalità e termini per il recupero delle ore di lavoro perse.
Generalmente, il termine entro cui deve avvenire il recupero è fissato entro 30 giorni dall'interruzione. Molti Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL) prevedono che, in caso di interruzioni del lavoro di breve durata causate da forza maggiore, non si proceda a trattenute sulla retribuzione del lavoratore.
Inoltre, se l'interruzione dovesse superare il limite temporale contrattualmente stabilito, ma il datore di lavoro mantenga il lavoratore sul posto, questi ha diritto a percepire l'intera retribuzione.
Ăˆ importante sottolineare che, nonostante il tentativo di coprire le varie fattispecie attraverso contratti e regolamenti aziendali, le cause di assenza possono essere estremamente variegate, influenzate dal settore di impiego e dalle specifiche politiche aziendali.
Inoltre, il datore di lavoro ha una certa discrezionalitĂ nel concedere assenze retribuite o non retribuite, anche al di fuori dei casi normativamente previsti.
Una buona dose di flessibilità è essenziale per gestire efficacemente le assenze, garantendo sia la continuità operativa dell'azienda sia il rispetto dei diritti dei lavoratori. I datori di lavoro debbono quindi essere ben informati sui dettagli dei contratti applicabili e pronti a gestire le assenze con equità e conformità alle normative vigenti, magari usufruendo dell’ausilio di un buon professionista.
Diritti e OpportunitĂ di Formazione per i Lavoratori Studenti e Dipendenti

L'articolo 10 della legge n. 300/1970 garantisce ai lavoratori studenti, iscritti a corsi regolari di istruzione primaria, secondaria o di qualificazione professionale in istituti statali, parificati o legalmente riconosciuti, il diritto a orari di lavoro che facilitino la partecipazione ai corsi e la preparazione agli esami.
Questi lavoratori non sono tenuti a svolgere prestazioni di lavoro straordinario o durante i riposi settimanali, assicurando così che possano dedicarsi adeguatamente agli studi senza compromettere il loro impegno lavorativo.
Inoltre, l'articolo 5 della legge n. 53/2000 espande ulteriormente i diritti relativi alla formazione, permettendo ai dipendenti di datori di lavoro pubblici e privati, con almeno cinque anni di anzianitĂ presso lo stesso datore di lavoro, di richiedere una sospensione del rapporto di lavoro per congedi formativi.
Questi congedi possono durare fino a 11 mesi, sia in modo continuativo che frazionato, nell'arco dell'intera vita lavorativa del dipendente.
Questa disposizione mira a incentivare la formazione continua, offrendo ai lavoratori l'opportunitĂ di aggiornare e ampliare le proprie competenze professionali senza perdere il legame di lavoro.
L'articolo 6 della stessa legge enfatizza il diritto di tutti i lavoratori, sia occupati sia non occupati, di proseguire i propri percorsi formativi per tutta la vita.
Questo principio sostiene l'importanza dell'apprendimento continuo e dello sviluppo professionale continuo, essenziale in un mercato del lavoro in costante evoluzione, dove l'aggiornamento e l'acquisizione di nuove competenze sono fondamentali per mantenere la competitivitĂ professionale.
Diritti e Permessi per i Lavoratori che Assistono Persone con DisabilitĂ Gravi

La legge n. 104/1992, articolo 33, stabilisce norme specifiche per supportare i lavoratori che assistono persone con handicap in situazione di gravitĂ .
Questo articolo offre due opzioni di permessi retribuiti:
- il lavoratore maggiorenne portatore di handicap puĂ² scegliere tra permessi giornalieri di 2 ore o permessi per l'intera giornata, fino a un massimo di 3 giorni al mese, come chiarito dalla circolare INPS n. 133 del 17 luglio 2000.
- se il portatore di handicap non è ricoverato a tempo pieno, il coniuge, i parenti o gli affini entro il secondo grado, come definito dagli articoli 74 e 78 del codice civile, hanno diritto a 3 giorni di permesso mensile retribuito.
Questi permessi possono essere utilizzati consecutivamente, come indicato nelle circolari INPS e nei messaggi rilevanti, tra cui la circolare n. 155 del 3 dicembre 2010 e il Messaggio n. 1740 del 25 gennaio 2011, nonché l'Interpello del Ministero del Lavoro n. 31 del 6 luglio 2010.
Questi diritti si estendono anche ai lavoratori che assistono una persona con disabilitĂ grave, non necessariamente un parente diretto, ma anche un coniuge, un parente o un affine fino al terzo grado, nei casi in cui i genitori o il coniuge della persona disabile siano ultrassessantacinquenni, affetti da patologie invalidanti o deceduti.
Queste condizioni sono dettagliate nel D.I. n. 278 del 21 luglio 2000 e nelle comunicazioni INPS successive, inclusa la circolare n. 90 del 23 maggio 2007.

Un aspetto importante riguarda le unioni civili, regolate dalla legge n. 76/2016.
A differenza dei coniugi, i partner di un'unione civile non creano un rapporto di affinitĂ con i parenti dell'altro partner e, di conseguenza, possono usufruire dei permessi solo per assistere l'altra parte dell'unione civile, non per assistere i parenti del partner.
FlessibilitĂ e Supporto per i Lavoratori che Assistono Familiari con DisabilitĂ o Gravi InfermitĂ

I lavoratori che assistono familiari con disabilitĂ hanno la possibilitĂ di utilizzare permessi orari, che possono essere frazionati secondo necessitĂ , senza superare il limite massimo di 18 ore mensili, come specificato dai messaggi INPS n. 15995 del 18 giugno 2007 e n. 16866 del 28 giugno 2007.
Inoltre, per agevolare l'assistenza continua, il lavoratore puĂ² optare per una sede di lavoro piĂ¹ vicina al domicilio del familiare assistito, come sancito dall'articolo 33, comma 5, della legge n. 183/2010.
Questo articolo stabilisce anche che il lavoratore non puĂ² essere trasferito senza il suo esplicito consenso, garantendo stabilitĂ e vicinanza al familiare assistito.
Per quanto riguarda i permessi legati a situazioni di lutto o gravi infermitĂ , l'articolo 4 della legge n. 53/2000 concede ai lavoratori il diritto a 3 giorni lavorativi di permesso retribuito all'anno, in caso di decesso o grave infermitĂ del coniuge, di un parente entro il secondo grado, o del convivente, attestato da certificazione anagrafica.
Ăˆ possibile, inoltre, accordarsi con il datore di lavoro su modalitĂ alternative di espletamento del lavoro in caso di gravi infermitĂ documentate.
In aggiunta, l'articolo 4, comma 2, della stessa legge consente ai lavoratori di richiedere un congedo per gravi motivi familiari, che puĂ² essere sia continuativo che frazionato, per un periodo non superiore a 2 anni.
Durante questo congedo, il lavoratore mantiene il posto di lavoro ma non riceve retribuzione né accumula anzianità di servizio o contributi previdenziali. Tuttavia, è possibile optare per il riscatto o per il versamento volontario dei contributi, secondo i criteri stabiliti dal D.M. del 31 agosto 2007.
Assistenza a figli portatori di Handicap e familiari

Il genitore lavoratore ha diritto, per i primi 8 anni di vita del figlio affetto da handicap grave, a prolungare fino a 3 anni il congedo parentale, da fruire in modo continuativo o frazionato, anche quando il bambino è ricoverato a tempo pieno se la presenza del genitore è richiesta dai medici.
Inoltre, puĂ² fruire di 3 giorni di permesso mensile anche in maniera continuativa nell’ambito del mese (D.Lgs. 18 luglio 2011, n. 119; INPS, circ. 6 marzo 2012, n. 32).
La fruizione del congedo per assistere un familiare con handicap in situazione di gravità (anche se ricoverato a tempo pieno quando la presenza del familiare è richiesta dai sanitari) spetta, entro 60 giorni dalla richiesta:
– al coniuge convivente se manca, è deceduto o è affetto da patologie invalidanti, a entrambi i genitori che ne fruiscono alternativamente;
– se mancano, sono deceduti o affetti da patologie invalidanti, a un figlio convivente;
– se manca, è deceduto o è affetto da patologie invalidanti, a un fratello o sorella convivente.
Il congedo dura al massimo 2 anni nell’arco della vita lavorativa, per ciascun portatore di handicap, e dà diritto ad una indennità , corrisposta dal datore di lavoro, pari all’ultima retribuzione e a contribuzione figurativa per l’intero periodo di assenza, che non rileva per ferie, tredicesima e TFR.
Il lavoratore puĂ² assistere piĂ¹ persone con handicap grave, se si tratta del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado.
Si arriva al secondo grado di parentela e affinitĂ se i genitori o il coniuge della persona con handicap hanno compiuto i 65 anni o sono deceduti o affetti da patologie invalidanti.
Se la persona assistita risiede a piĂ¹ di 150 km, il lavoratore deve documentare di aver raggiunto il luogo di residenza dell’assistito, consentendo il controllo su eventuali abusi.
I lavoratori mutilati e invalidi civili, con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 50%, possono fruire ogni anno di un congedo, non rientrante nel periodo di comporto, per un massimo di 30 giorni, per cure di cui sia documentata la necessità rispetto all’infermità invalidante.
CdL Roberto Rossi